Il 2020 ha segnato un anno di svolta nella comunicazione del vino. Persi i classici riferimenti per la relazione, le Aziende del comparto vitivinicolo hanno dovuto esplorare nuovi canali di comunicazione per parlare ai propri clienti.
Un cambiamento totale e destabilizzante
I Grandi Marchi, soprattutto, hanno visto chiudersi progressivamente le consuete reti di comunicazione e vendita: le fiere di settore e le attività del comparto HORECA. In un comparto come quello del vino italiano ancora molto legato alla comunicazione tradizionale, questo cambiamento repentino è stato destabilizzante. La relazione diretta è parte del DNA delle grandi famiglie del vino, abituate a raccontare il vino a chi già parla quel linguaggio e può cogliere le sfumature conoscendo già l’essenza. Una comunicazione, quindi, mediata verso il consumatore finale.
Continuare a comunicare
Mancando l’intermediario, con la sua funzione di consulente, fiduciario, commerciale, le grandi aziende hanno dovuto capire come comunicare non solo la variazione fra un’annata e l’altra, ma tutta la loro essenza al loro pubblico di riferimento.
Alcune aziende, dovendo ripensarsi totalmente e vedendo il blocco totale delle vendite, si sono spaventate. Questo ha portato a due approcci drastici: chi ha tirato completamente i remi in barca, bloccando ogni investimento in comunicazione e attendendo tempi migliori, chi si è lanciato sulla comunicazione online senza definire un percorso chiaro. Altre aziende, spesso quelle che avevano già una strategia digitale impostata hanno, comunque, dovuto rivedere la propria presenza.
Comunicare dalle radici
Il primo step per tutti è stato quello di pensare al proprio target. Chi già aveva impostato una propria presenza online ha potuto godere del vantaggio dei dati sui propri follower o visitatori del sito. Chi, invece, partiva da zero, ha dovuto aprire nuovi canali basandosi quasi esclusivamente sull’esperienza mediata. In questo caso anche la comunicazione è risultata più difficoltosa.
Reputazione o “like”?
Ma come comunicare il vino online, non solo in tempo di Covid-19? Su questo è già stato scritto molto. La parola d’ordine è, sicuramente, reputazione. Bisogna creare e sostenere la propria reputazione, il vero valore dell’azienda. Questo non vuol dire necessariamente non cercare di vendere, ma scegliere attentamente cosa comunicare, come e attraverso quali mezzi.
Rimandiamo, quindi, direttamente all’articolo di Francesco Saverio Russo “Reputazione o “like”? Cosa conta di più? Qualche consiglio alle cantine che vogliono crescere sul web e sui social”
Il ruolo dell’agenzia di comunicazione
Per un’agenzia di comunicazione l’attività più difficile nel 2020 è certamente accogliere i timori delle Aziende e accompagnarle cercando con loro una mediazione fra necessità di vendere e la difesa della reputazione.
Spesso, all’Agenzia viene richiesto un ROI chiaro e definito ma il mezzo digitale, sebbene supportato da strumenti di analitycs, non permette di misurare i parametri più importanti: la credibilità e la fiducia nel marchio che la comunicazione genera nel pubblico di riferimento.
Gli strumenti dell’agenzia di comunicazione
Due degli strumenti più importanti e, spesso, sottovalutati, sono l’ascolto e il confronto. È importante comprendere le esigenze dell’azienda e trovare un giusto mezzo tra quella che può essere la strada perfetta per nutrire la relazione fra l’Azienda e il potenziale cliente e la vendita. È anche importante saper ascoltare le esigenze del potenziale consumatore, siano esse materiali (delivery semplice, reperibilità, propensione e all’acquisto, disponibilità economica) oppure immateriali (gratificazione, senso di colpa,…).
È importantissimo confrontarsi, con l’Azienda e con gli attori del comparto. L’azienda deve essere pronta a mettersi in discussione e chiedere riscontri sui propri prodotti, l’Agenzia deve aiutarla a sviluppare le conversazioni, trovare nuovi interlocutori, selezionare potenziai voci e mediare costantemente.
I canali
I canali per la comunicazione digitale non hanno subito grandi variazioni anche se alcuni si sono votati sempre maggiormente alla vendita (ad esempio, Facebook e Instagram) e altri ad una comunicazione più semplice, visuale e immediate, come LinkedIn con l’introduzione delle stories.
Uno degli strumenti più utili per colmare le distanze in questo periodo è stato sicuramente la newsletter, soprattutto se non utilizzata come mero strumento di vendita ma come canale di comunicazione bilaterale. Anche i grandi attori dell’e-commerce non hanno variato di molto le loro comunicazioni, ma hanno cercato di venire incontro alle esigenze dei fruitori riorganizzando le delivery oppure offrendo migliori condizioni economiche.
Uno dei cambiamenti maggiori nei canali di vendita delle aziende, è stata la creazione di piattaforme di e-commerce proprietarie. Spesso frutto di una naturale evoluzione di tutte le aziende verso il digitale, questi strumenti oggi in fase embrionale dovranno trovare il loro sviluppo perché anche essi diventino non solo uno strumento commerciale ma un nuovo strumento di sostegno della reputazione dell’azienda.
Il wine-business nell’era post Covid-19
Il Covid 19 ha accelerato l’ingresso o il potenziamento del digitale. Il futuro, come rileva la ricerca Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, avrà come parola d’ordine “innovazione”, sempre nell’ottica di rafforzare il rapporto con gli utenti e fornire più servizi differenzianti.
Il mondo del vino resta piuttosto concorde e ottimista, come sottolinea WineNews: se il 2020 è un anno da archiviare ma che ha rafforzato la consapevolezza della forza del made in Italy e ha dato una spinta all’innovazione al comparto. Bisogna, quindi, archiviare la crisi e cogliere le opportunità che ha offerto.
Leggi un nostro altro articolo su vino e Made in Italy qui.
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